"Rendez-vou" 
 
 
 
Usare il bisturi per tagliare la carta è una di quelle cose che sento più vicine al mio lavoro. Fare un buco su un foglio per passarci dentro, per trovare un altro modo per voltare pagina mi ha sempre divertito molto. Le sagome assumono forme sintetiche perché il vuoto e il pieno hanno le proprie regole come ogni labirinto ha la sua uscita. Spazi, forme, spessore sono gli elementi con cui scendere a compromessi e quasi sempre i compromessi ti aiutano ad arrivare alla sintesi.
Una volta ottenuta la matrice riempirla di colore può sembrare meccanico, eppure usandola più volte, sovrapponendo segno su segno, mi ritrovo a fare i conti ad ogni passaggio con l’incognita di non vedere ma vedere immaginando. 
Ho usato polvere di bitume raccolta in un fagotto e battuta con il manico di un pennello, ho usato un armadio pieno di polvere di bitume agitata nello spazio chiuso e depositata, col tempo, a caduta sulla superficie. Togliere la sagoma dal supporto era come camminare la mattina presto dopo una grande nevicata notturna, una neve nera che anche il fiato infrange. Scaldo la lastra da sotto con il fuoco di una bomboletta da campeggio, il metallo reagisce, si flette inarcandosi, la polvere non deve friggere, deve solo aderire e fissarsi al metallo.
 
C’è uno strato che protegge il bianco al confine del nero libero per esser morso dall’acido, ha l’odore pungente della cera, la martora lo stende omogeneo sulla superficie e si lascia asciugare senza pensare che possa metterci di meno di quello che serve. L’acido incide, a volte fermo, apparentemente inerte, a volte agitato da un lento gesto per aggredire il metallo. Sul fondo si formano frotte di detriti che si decompongono lentamente, sembrano molluschi in balia della corrente. L’acqua evapora lentamente sui contorni di una goccia che scompare lasciando velature di calcare, il bianco di Spagna toglie le ultime impurità. Mi specchio nel metallo ma non mi vedo, sono così vicino, ma sto guardando altro. L’odore dell’inchiostro tipografico mi ricorda un vecchio tipografo che lo assaggiava per capire se andava bene, come i contadini assaggiavano il letame per sapere se era maturo. Oleoso e plastico si amalgama col movimento della spatola che lo schiaccia e lo rivolta come cioccolata in un laboratorio di pasticceria. La tarlatana toglie l’eccesso lascia velature da pulire a palmo. 
Si stampa!
 
 

 
 
 
Rendez vous
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Rendez vous

Matteo Martini, "Rendezvous" maggio 2001 / maggio 2015, acquaforte acquatinta 20x20 cm stampata in 30 copie numerate e autografate dall'artista s Read More

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